9.08.2020 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI

Nella Sacra Scrittura troviamo la rappresentazione della nostra vita, tutto parla di noi. Il brano del Vangelo di Matteo di questa domenica ne è un esempio: tante volte ci troviamo in un mare in tempesta, sballottati dalle onde dei fatti che non capiamo e che ci fanno soffrire, tanto da gridare per paura di non farcela, di affondare, come gli apostoli quella notte nella barca.
In questi momenti la nostra fede vacilla: “forse abbiamo visto solo un fantasma”, ci chiediamo, forse è tutta un’illusione, la vita è un’altra cosa. Non si tratta solo le difficoltà e sofferenze che fanno parte della vita, ma soprattutto è difficile accettare la delusione delle persone che pensavamo potessero esserci di sostegno, le loro promesse non mantenute, scoprire che a “tante belle parole”, ai “sorrisi affettati” e “carichi di sante intenzioni” corrispondono poi solo fatti di ingiustizia e di ipocrisia.
Siamo come in un mare in tempesta.
E’ in questi momenti, in queste delusioni e sofferenze che, per non annegare, è importante rimanere sulla barca, nella Chiesa, anche se tante volte accade che proprio da chi doveva aiutarci siamo stati delusi: ma lì c’è Cristo. E’ il passaggio alla fede, necessario se non vogliamo rimanere alla superficie, vivere tutto in maniera infantile.
La barca, dicono i Padri, che è fatta di legno, rappresenta la Croce di Cristo. Entrare in essa, appoggiato a Gesù, il solo che mai ci deluderà, guardare a Lui, è la strada per che ci farà camminare sul mare, sulle nostre “morti”, senza affondare nella disperazione e nel disgusto. Come farà Pietro, finché guarderà Cristo che lo chiama e non la sua debolezza.
Guardare Cristo: questo è il cammino della fede, di chi può dire “Vere Fílius Dei es!”, davvero sei il Figlio di Dio!

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