04.07.2017 – di Andrea Cocco

Ci risiamo! Ancora una volta si parla di eutanasia! Questa volta la vittima è un piccolo angioletto di dieci mesi ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra. Il bimbo è malato di mitocondriopatia, una malattia incurabile che non lascia speranze di vita e per questo i medici, in accordo con i tribunali inglesi, vorrebbero staccare la spina dai macchinari che lo tengono in vita.

Un altro caso dunque, che fa discutere e che ha scatenato una catena di solidarietà da tutto il mondo e che passando per i social sta raccogliendo molti consensi alla difesa della vita di questa creatura di Dio. A tal proposito si è espresso anche Papa Francesco il quale ha affermato che “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Un appello, quello del Santo Padre, che fa pensare anche ad altri casi di eutanasia, e che soprattutto nel mondo cattolico trova contrarietà in quanto non si tratta di accanimento ma di difesa della vita con tutti i mezzi necessari. Purtroppo non sono di questo parere gli inglesi, sia nel campo sanitario che giuridico, ma in questa situazione, dove di mezzo questa volta non c’è la volontà della persona, ma dei genitori ed ora possiamo dire anche della maggior parte della società, la responsabilità è maggiore.

Altra cosa su cui riflettere, in questo caso, è la rappresentanza da parte della Corte Europea, che sostenendo ed autorizzando il parere dei medici, si mette in una posizione alquanto responsabile di fronte al mondo intero ma soprattutto davanti a chi lo ha creato. Ancora una volta l’uomo al posto di Dio, la creatura al posto del creatore. La medicina trova il modo di tenere in vita una persona, tenendo viva anche la speranza, e l’uomo utilizza il progresso per distruggere se stesso? Siamo davvero in grado di fare questo? Possibile che l’uomo ancora non ha capito che la vita va difesa?

Almeno che si ascolti l’appello lanciato dal Papa, mediante il Portavoce vaticano, di seguire la volontà dei genitori del piccolo, accompagnandolo e curandolo fino alla fine della sua vita. Ci uniamo insieme al Santo Padre, in preghiera, non solo perché quello che non è possibile all’uomo è possibile a Dio, ma anche per sostenere i genitori nella loro sofferenza ed il piccolo Charlie, chiamato ad una missione che porterà forse al giusto posto il valore della vita umana, in quanto dono immenso di Dio!

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