20.11.2025 – DON ANTONIO INTERGUGLIEMI
I due ladroni crocifissi con Gesù mostrano l’atteggiamento dell’uomo dinanzi alla storia: entrambi sono colpevoli, sanno che stanno pagando per i loro errori, e sanno anche che in mezzo a loro c’è un innocente, che ha accettato di caricarsi dell’ingiustizia dell’uomo per pagare al suo posto. Ma profondamento diverso è la loro reazione e il loro destino.
Il primo malfattore lo insulta, provoca Gesù, gli chiede se davvero Lui «è figlio di Dio, che mi faccia scendere dalla croce»: quante volte forse abbiamo pensato anche noi questo del Signore, chiedendo perché permette che viviamo questa sofferenza, questa ingiustizia.
Il combattimento della fede, la tentazione che porta a rifiutare la misericordia del Signore, in qualche modo quella decisiva: il rifiuto della Croce, perché non si può capire il senso della sofferenza se non è illuminata dalla fede, se non gridiamo a Cristo, non gli chiediamo aiuto, come fa l’altro uomo crocifisso.
Il cosiddetto “buon ladrone” riconosce Gesù, confida il Lui, accetta la storia e le sue colpe, sa che solo Lui può liberarlo davvero e per questo gli chiede: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gesù non considera i suoi errori e accoglie con Amore questo suo atto di fede.
«Oggi ci ha aperto il paradiso, ch’era chiuso da più di cinquemila anni. In un giorno e in un’ora come questa, vi portò un ladro e così fece due cose insieme: aprì il paradiso e v’introdusse un ladro. In questo giorno ci ha rida to la nostra vera patria e l’ha fatta casa di tutto il genere umano, poiché dice: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,43)» (San Giovanni Crisostomo, Omelia sul ladrone e la Croce, 2 s.).
