25.07.2021 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI
Una folla immensa, l’impossibilità di poterla sfamare, un senso di impotenza per la povertà delle nostre risorse dinanzi alla realtà. Gli apostoli quel giorno hanno vissuto quella stessa sensazione che spesso abbiamo anche noi dinanzi alle sofferenze, alle richieste di aiuto, ai bisogni di tanti che ci chiedono di poter risolvere i loro problemi.
Non abbiamo noi la soluzione, la risposta. Ma se con noi è Gesù, possiamo fare la cosa più importante: rivolgerci a Cristo, chiedere a Lui come possiamo aiutare questi nostri fratelli perché noi da soli non abbiamo che poche cose, inutili a rispondere alla loro richiesta. Come disse quel giorno San Pietro, “cosa possiamo fare con cinque pani d’orzo e due pesci, per sfamare una folla immensa?”
Sant’Agostino, commentando quanto compie Gesù, ricorda che i miracoli raccontati nel Vangelo non sono solo la rappresentazione di uno straordinario fatto passato, che paragona ad un bel quadro, ma sono una Parola di Dio che parla oggi a noi, che è necessario approfondire per comprenderne il vero significato (cfr. Commento al Vangelo di Giovanni 24,1-2).
Gesù per primo si rende conto che occorre sfamare la folla e, perché gli apostoli si rendano conto che nessun uomo può rispondere alla vera fame del mondo, la fame di Cristo, chiede a Filippo cosa possano fare: così, gli apostoli guardano alle loro poche cose, del tutto inutili per la richiesta di Gesù di sfamare la folla immensa. Allo stesso modo, per quante opere sociali si possano fare, interventi umanitari e di lodevole aiuto, ci rendiamo conto che non si risolvono la fame e le ingiustizie del mondo, la cui radice è la mancanza di Dio nel cuore dell’uomo.
Gesù sfamando le folle vuole mostrare che occorre rispondere ad una fame più profonda, a cui nessuno di noi può dare una vera risposta. Questo brano è infatti un’immagine dell’eucarestia, il cibo che sfama la nostra fame di amore. Cristo è venuto tra noi e ci ha affidato il compito di annunciare la Sua Salvezza, di portare la Buona notizia, di distribuire come gli apostoli “questo cibo di vita eterna” ai nostri fratelli.