28.09.2025 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI

L’uomo che è accecato dai suoi beni non vede gli altri, è solo concentrato su sé stesso. Vive in difesa, sempre preoccupato di non venire spogliato dalle sicurezze che si è conquistato, spesso usando gli altri: è legato, anzi come incatenato, alle cose che possiede, perché pensa che senza di esse non potrebbe vivere. Contrariamente alla catechesi che nel mondo riceviamo costantemente, che i soldi danno la felicità, è un povero infelice.

Un infelice perché, come il ricco epulone del Vangelo di questa domenica, non è capace di amare, ama soltanto i suoi soldi, convinto che questi lo possano rendere contento. Non sa donare nulla, cerca di godersi la vita, tra i piaceri e il lusso: questo avviene non perché è cattivo, ma perché è reso cieco dalla sua cupidigia, dall’amore alle cose del mondo.

Non soltanto è cieco di fronte alle sofferenze di chi gli sta vicino, ma è anche sordo: prima o poi infatti incontra chi gli annuncia che è ingannato, ma lui lo considera un pazzo, un poveretto, un illuso: “nella vita contano i soldi, il resto sono tutte favole!” Così, non accoglie quella Parola di Salvezza, che Dio nel Suo grande Amore, non si stanca mai di donargli.

Oggi però la Parola è per noi: la Grazia più grande è saper accogliere l’invito alla conversione che il Signore ci offre con questo Vangelo. Non siamo stati creati per accumulare, per ingrassare e goderci la vita, egoisti e chiusi in noi stessi, ma per una felicità più grande, che ci porterà al Cielo, che possiamo ricevere già oggi accogliendo Cristo.

Sant’Agostino per questo ci avverte nel suo commento a questo brano: «Se in questa vita ci spaventerà salutarmente il brano del santo Van gelo ch’è stato letto, nessuno ci spaventerà dopo questa vita; poiché il frutto del timore è la correzione; non ho detto infatti solo: se ci incuterà terrore la Sacra Scrittura, ma se c’incuterà un terrore salutare» (Discorso 113/B).

Solo il Signore può donarci quella libertà meravigliosa, dai soldi, dagli affetti, dal potere, dalla schiavitù al piacere, che rende triste e inutile la vita: Cristo l’ha conquistata per te e per me, per chi tra noi lo metterà al di sopra di tutto e potrà così gustare la vera felicità, un anticipo del Cielo: la capacità di Amare.

Condividi su: