28.09.2019 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI –
L’uomo che è accecato dai suoi beni non vede gli altri, è solo concentrato su sé stesso. Vive in difesa, sempre preoccupato di non venire spogliato dalle sicurezze che si è conquistato. E’ come legato dalle cose che possiede, perché pensa che senza di esse non potrebbe vivere.
In altre parole, contrariamente alla catechesi che nel mondo riceviamo costantemente, è un infelice.
Un infelice perché, come il ricco epulone del Vangelo di questa domenica, non è capace di amare, non sa donare nulla: questo avviene non perché è cattivo, ma perché è reso cieco dalla sua cupidigia, dall’amore alle cose del mondo.
Ma è anche sordo: prima o poi trova chi gli annuncia che sta nell’inganno, come sto facendo ora io. Ma lui lo considera un pazzo, un poveretto, un illuso. Così, non è capace di accogliere la Parola di Salvezza, che Dio non si stanca mai di mandargli.
“Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro”, risponde Abramo quando il ricco, nell’inferno, chiede che qualcuno vada sulla terra a dire la verità ai suoi cinque fratelli, perché “siano ammoniti severamente”!
Ecco la Grazia più grande: saper accogliere l’invito alla conversione che il Signore ci offre con questo Vangelo. Non siamo stati creati per accumulare, per ingrassare e goderci la vita, ma per una felicità più grande, che ci porterà al Cielo, ma che possiamo provare solo con la libertà che Cristo ci ha conquistata: mettere al di sopra di tutto Dio.
E questo per gustare la via della felicità, un anticipo del Cielo: la capacità di Amare.
Già oggi.