10.03.2024 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI

C’è una nostalgia nel nostro cuore che non si placa, come cantiamo oggi con il Salmo: “Lungo i fiumi di babilonia, là sedevamo piangendo, ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre”. È una tristezza che possiamo definire “positiva”, perché nasce dal desiderio di pienezza, di eternità, che è scritto nel profondo di ognuno di noi e che solo l’incontro con il Signore può colmare.
Il Signore ha inviato Suo figlio per riscattare la nostra natura mortale e donarci in Lui una vita che non passa; Cristo è la vita in sé e assumendo la morte l’ha “assorbita” nel suo corpo. Per questo il serpente di bronzo del racconto dei Numeri, di cui parla Gesù a Nicodemo nel Vangelo, non è che una prefigurazione della crocefissione e della morte del Signore, apportatrice della nostra salvezza.
Come avveniva al popolo d’Israele che coloro che guardavano il serpente, ottenevano la guarigione, la vita materiale, oggi chi guarda il Crocefisso, per mezzo della fede ottiene la vita eterna. Ecco dove si trova la nostra Salvezza: non confidare in noi stessi o nelle nostre opere, ma nella Grazia che Cristo ci ha donato.
Un tempo di Quaresima che ci invita ancora una volta alla conversione perché, come scriveva San Giovanni Crisostomo: “Dico spesso queste cose, né cesserò mai di ripeterle, perché mi preoccupo non tanto dei poveri, quanto piuttosto delle vostre anime” (Commento al Vangelo di Giovanni 27,2).

Mons. Antonio Interguglielmi

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