23.10.2022 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI
“O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”: questa frase del Vangelo di questa domenica sembra pronunciata da alcuni di quelli che sono tanto attivi nelle nostre chiese.
Senza umiltà, la nostra fede è vana, le nostre opere sono soltanto un modo per sentirci a posto con la coscienza o per sentirsi bravi, migliori degli altri! Ma invece solo l’umiltà, che è la Verità, cioè saper vedere che siamo “nulla”, fa breccia nel cuore di Dio.
Per questo il pubblicano è giustificato non dalle opere, ma perché riconosce la sua povertà. Gesù Cristo si è fatto uomo come noi, ha preso su di sé la nostra debolezza, si è fatto trattare da ultimo, da malfattore, perché nessuno potesse essere escluso dalla salvezza.
Tanti sforzi per cercare in noi la perfezione, ma tanto non l’avremo mai: il Signore non vuole fare di noi dei burattini che si muovono a comando, che spesso sembrano tanto generosi, fanno grandi opere sociali, lodati e ammirati anche in televisione…ma in realtà non sanno amare le persone più vicine, quelle che Dio mette sulla nostra strada per convertirci.
Un giorno Madre Teresa disse: «È più facile offrire un piatto di riso a un affamato che alleviare la solitudine e l’angoscia di un amico che non si sente amato».
Dio non cerca una carità che diventa “pubblicità a buon mercato”, ma uomini che conoscono la propria fragilità, che hanno provato l’amore di Dio proprio nella loro povertà e che per questo hanno imparato a non sentirsi migliori di nessuno, uomini che hanno comprensione e amore per gli altri. Nel nascondimento, proprio come il pubblicano…